Al privé con lo schiavo

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La storia di Marco lo schiavo

I club sono sempre stati una mia grande passione. Mi piace girare fra le varie stanze e guardare tutti quei corpi sudati che pompano dentro fighe bagnate. Mi piace l’odore del sesso e credetemi… fra quelle stanze l’odore che si respira è inebriante.

Il mio preferito è un club esclusivo decisamente frizzante, pieno di bella gente che vuole divertirsi ed è sempre li che porto i miei nuovi schiavi, per testarli e piegarli al mio volere.

Voglio raccontarvi di Marco e della sua prima volta al privé come mio schiavo.

Marco era un ragazzo molto timido ma anche estremamente ubbidiente. Era circa un mese che lo frequentavo e capii che era arrivato il momento. Quel pomeriggio andai da lui e, come sempre, si fece trovare nudo e in ginocchio.

Gli passai davanti senza degnarlo di uno sguardo e mi andai a sedere sul divano. Lui arrivò vicino ai miei piedi camminando carponi, in silenzio, come era suo dovere fare.

Gli dissi: «Stasera mi dimostrerai se davvero sei una brava puttana, al privé». Marco rispose solo «si padrona». Non si chiedeva né come né dove né perchè.

Era semplicemente suo dovere farlo, da bravo schiavo. Tirai fuori dalla borsa un grosso dilatatore anale e lo misi sul tavolino insieme ad una trousse per il trucco e una scatola dove avevo messo gli abiti scelti per lui.

Piegato a 90 guardavo il suo culo stretto che bramava le mie attenzioni e non esitai un istante ad infilargli quel rigido attrezzo fra le natiche.

Lui sussultò emettendo un piccolo grido ma poi ringraziò educatamente. Lo feci rimettere in piedi, sembrava non capire ma non osò chiedere. Non lo faceva mai.

Tirai fuori dalla scatola i suoi abiti, avevo scelto una tuta nera in latex con una cerniera sul culo, un paio di scarpe coi tacchi alti e un bel collare borchiato.

Indossò tutto e vedendolo così vestito mi sentii molto orgogliosa di lui, lo truccai solo con un po’ di rossetto rosso e gli dissi che era ora di andare.

L’arrivo al privé

Arrivati al privé gli agganciai il guinzaglio di pelle e facemmo il nostro ingresso trionfale.

Volevo che tutti al privé vedessero il mio capolavoro, il mio schiavo personale, così lo feci mettere carponi e facemmo il giro completo della sala principale.

Mi fermai a salutare gli amici di vecchia data e mentre chiacchieravo col dito indicavo al mio schiavo le scarpe della persona che avevamo di fronte.

Inutile dire che sapeva esattamente cosa doveva fare e non mi mise mai in imbarazzo. Lo avevo addestrato a dovere, pensai.

Andai a sedermi su un divanetto e ordinai da bere, Alla troia del bar chiesi di portare anche una ciotola per la mia cagnolina. Tutti la guardavano bere il suo cocktail dalla ciotola e più la guardavano più io mi eccitavo.

I primi curiosi non tardarono ad arrivare. Volevano scoparsi il mio schiavo, erano in tre ed erano molto eccitati. Dissi loro di mostrarmi la loro merce e devo dire che i loro cazzi superarono le mie aspettative. Grossi, duri e pronti a farsi pompare per bene.

Ne feci sedere uno di fianco a me e Marco si mise accucciato sotto le sue cosce, gli presi il viso fra le mani e gli dissi solo di succhiare. Ubbidì senza fiatare e iniziò a succhiare quel grosso uccello come tante volte aveva fatto col mio strap-on. Lo guardavo con quel cazzo che entrava e usciva dalla sua bocca rossa, la lingua che si muoveva veloce sulla cappella e sentivo l’eccitazione generale salire sempre di più.

Non era abbastanza. Dissi agli altri due di unirsi alla festa e improvvisamente il mio schiavo aveva tre grossi cazzi da spompinare.

Marco si era rivelato un bravissimo schiavo e capii che era pronto per il passo successivo, farsi sfondare il culo. Mi misi alle sue spalle, abbassai la cerniera e il suo culo sembrava pulsare. Vedevo il dilatatore muoversi al ritmo dei suoi battiti. E anche dei miei.

Glielo tirai fuori di scatto guardando il suo culo restare aperto come una bocca stupita e avevo una voglia pazzesca di incularlo io stessa ma chiamai uno dei tre maschi invitandolo a scoparselo. Eccola li la mia puttana, la mia cagna, il mio schiavo, che per la prima volta prendeva un cazzo di carne e godeva come una troia.

I colpi arrivavano senza sosta, trattato come un oggetto, un cesso dove svuotare i coglioni. Godeva, oh sì se godeva, ne chiedeva ancora e ancora. I tre uccelli entravano e uscivano dal suo corpo mentre tutti gli altri si godevano lo spettacolo.

La fine fu grandiosa con Marco seduto sui talloni e loro che gli sborravano in faccia uno dopo l’altro mentre gli ordinavo di bere ogni singola goccia.

Guardai il suo viso stremato e completamente soddisfatto e fui di nuovo molto orgogliosa di lui. Tirai su la cerniera della sua tutina e lo feci gattonare col guinzaglio fino all’uscita con me che camminavo fiera al suo fianco.

Ritorno a casa, la padrona è soddisfatta del suo schiavo?

Quando arrivammo da lui e scese dall’auto non smetteva di ringraziarmi poi, cosa strana per lui, si fece tutto serio e mi fece una domanda senza chiedere prima il permesso: «padrona, l’ho resa orgogliosa questa sera?»

Ormai sapete quanto fossi orgogliosa di lui ma gli dissi solo: «potevi fare meglio». Me ne andai senza dire altro.

E sapete una cosa? La volta dopo fece ancora meglio!