La Villa

Racconto Erotico La Villa Seconda Prima
Seconda Parte

No…no…no…pensò più volte e anche le sue labbra mimarono quella semplice sillaba ma non uscì alcun suono se non i suoi miagolii di piacere. Trovarono il suo carnoso clitoride quelle dita ruvide. Ci giocarono a lungo pizzicandolo, tirandolo, afferrandone la carnina di un rosa intenso per tirarla giù e scoprirlo in modo osceno esponendolo, acuendone l’insopportabile sensibilità e turgore. Si stava bagnando. Della loro saliva e dei propri umori, cosi tanto che avrebbe lasciato una macchia indelebile sul divanetto a prova della sua gaudente negligenza. Sussultò d’improvviso per il dolore quando le dita forti del Bianco le strinsero la coscia che aveva afferrato. Sembrava un gesto rabbioso come offeso dal furto dell’amico meticcio che si era appropriato del suo rorido fiore di carne prima di lui. Dopo arrivarono i morsi. La belva si era scatenata sul suo seno ora liberato dal meticcio che voleva andare a mangiarsi il suo carnoso grilletto anche con la bocca. I capezzoli erano già infiammati dal lungo torturare ma i morsi del Bianco la fecero urlare ancor più di prima. I denti affondavano nella carne più tenera e sensibile sulle areole aggrinzite dal turgore, stringeva piantandole i canini nella pelle setosa mai abbastanza da ferirla ma sempre troppo perché provasse solo piacere. Almeno un paio di volte ebbe la netta sensazione che la mascella di lui tremasse come per lo sforzo di non morderla troppo, di non esagerare e quella sensazione di pericolo animalesco la eccitò brutalmente. Finalmente mosse le mani anche lei per affondarle tra i capelli corvini del Bianco e invece di tirarlo via si premette sul seno il suo viso inarcandosi al contempo per offrirglielo impudica quasi a sfidarlo a mordere più forte. Quando anche i denti del Meticcio la morsero spalancò gli occhi e la bocca insieme come se dovesse uscirne un urlo bestiale. Si inarcò tutta come per uno spasmo come se un’improvvisa frustata l’avesse centrata tra le scapole, si inarcò con tanto impeto da spostare perfino i massicci corpi dei due uomini che le stavano addosso come fiere su un caldo pasto. Le due bocche si chiusero sulla sua carne, i denti del Bianco sul capezzolo e quelli del Meticcio sul carnoso turgido clitoride ed erano come due elettrodi attaccati ai centri del suo piacere, la chiusura improvvisa di quel circuito perverso la scosse nel profondo facendola contorcere e tremare ed infine ricadere senza fiato sul divano totalmente svuotata di ogni capacità di resistenza e iniziativa. Si stavano appropriando di lei come di una bambola, la stavano assaggiando come la pietanza principale di un banchetto e lei regalava loro umori densi e mielosi dal sesso rorido e una carne setosa e leggermente salata per il sudore sul seno che il Bianco divorava passando da un capezzolo all’altro prima di cercare di unirli insieme stringendole le tette tra le mani per poterli succhiare tutti e due tirandoli e mordendoli in modo quasi crudele ma sempre un passo prima di farle troppo male perchè i gemiti diventassero lamenti.

Un’eccitazione inaspettata

Perché sono cosi bravi…non ha senso…perché ti piace cosi tanto…non è giusto…i pensieri che le turbinavano in testa fiorivano e appassivano uno dopo l’altro in un caleidoscopio di colori insensati e lisergici e tutto era confuso nell’eccitazione facendola sentire sempre più immersa in un denso mare di melassa calda. Piccole gocce di sudore le si formavano sulla fronte, tra i seni, le cosce si aprirono in una posa discinta e oscena da donna di postribolo e lei stessa cercò le gambe del Meticcio per appoggiarvisi spalancando per i due uomini il suo fiore carnoso, una preda arrendevole ormai. Ogni morso sul seno era una nuova scossa che sentiva come mille aghi caldi dentro la mammella, come un bruciore che scendeva lungo la pancia e li si sommava alla stessa tortura che il meticcio le infliggeva al sesso. Le sue dita ruvide la stavano aprendo schiudendo le labbra tenere per esporla completamente, voleva come osservarla dentro, il solo pensiero l’avrebbe fatta avvampare di vergogna se non fosse stata cosi eccitata, e mentre l’apriva cosi continuava a torturarle il clitoride succhiandolo con forza e mordicchiandolo per poi staccarsi e soffiarci sopra per freddarlo e di nuovo succhiarlo ancora. Stava impazzendo. Iniziò a contorcersi sempre più velocemente inarcandosi in risposta ai loro morsi e leccate implorando a entrambi di darle soddisfazione fin quasi a piagnucolare. “Nnnh…ncora…nn”. La mano che ancora aveva libera scattò spasmodicamente in cerca della testa del Meticcio e quando trovò i suoi neri capelli riccioluti li afferrò con forza per premerselo sul sesso e impedirgli di staccarsi dal clitoride che pulsava sempre più dolorosamente anelando l’orgasmo. Ci si sfregava su quel viso ruvido, sui denti di lui, inarcando la schiena e spingendo con il bacino con una frenesia quasi mascolina da coniglietto in calore ma proprio in quel momento i due ragazzi si staccarono da lei. Forse si scambiarono un cenno di intesa, forse fu proprio il suo gemere sempre più forte ad avvertirli dell’imminente orgasmo e decisero di prolungare quella tortura fermandosi. Bastò poco per vincere la sua resistenza, la disparità di forza fisica era enorme, si tolsero le mani di lei dai capelli anche a costo di farsene strappare qualcuno e si allontanarono dal suo sesso e dal seno umidi di umori, sudore e saliva, come fossero frutti a lungo leccati. La lasciarono rossa in viso, sconvolta e ansimante e solo la maschera che in parte la copriva impedì loro di leggere fino in fondo il deliquio in cui era precipitata sotto le loro cure. Una parte di lei avrebbe voluto punirli, coprirsi con le mani, alzarsi e andar via scocciata e delusa ma era una parte troppo lontana, troppo piccola e debole. Restò li abbandonata sul divano in mezzo ai due uomini in quella posa oscena e discinta con le cosce ancora spalancate appoggiate sulle gambe dei due uomini che se le erano tirate in braccio. Troppo stordita per potersi muovere decise di non opporre resistenza curiosa anche di scoprire cosa avrebbero fatto i due ragazzi oltre, evidentemente, a fissarla mentre veniva ancora percorsa dagli spasmi dell’orgasmo mancato. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di lamentarsi per la loro crudeltà e comunque era anche vero che il suo compito non era certo pretendere o cercare piacere stanotte quanto darlo a chi ne avesse voluto da lei. Capì cosa volevano farle quando sentì il proprio odore molto più vicino e poi delle dita che bussarono alle sue labbra dischiuse cercando la strada per entrarvi. Come una bimba a cui viene porta una caramella cosi lei si lasciò imboccare sentendo le ruvide dita del meticcio intrise del suo stesso succo che le riempivano il palato giocando a prenderle la linguetta guizzante. Non le era mai piaciuto cosi tanto sentire il proprio sapore sulla mano di un uomo. Si scoprì a succhiare lascivamente senza che nemmeno le venisse chiesto di farlo poppando come avesse un ciuccio, mordicchiando per tenerselo in bocca per poi tirare fuori la lingua cercando di leccargli tutta la mano avida come una gattina davanti alla sua ciotola di latte. Il tocco della mano del Bianco arrivò inaspettato. Le dita del meticcio le arrivavano quasi in gola mentre le succhiava avidamente quando il suo muscoloso amico andò ad intingere le proprie nel suo sesso rorido di umori, bollente e ancora pulsante per l’orgasmo appena negatole. Se solo avesse insistito un po’ di più avrebbe toccato il massimo del piacere ma lui spinse solo un dito tra le labbra come si raccoglie la panna da una torta, per assaggiarla. Probabilmente si scambiarono un cenno d’intesa che lei non vide un attimo prima che la mano del meticcio si allontanasse dalla sua bocca lasciandola aperta e sbavante come in preda a una fame bestiale. Riaprì gli occhi quando il Bianco le spinse in bocca il dito che lui stesso si era assaggiato dopo averlo intinto in lei. Volevano usarla in tutti i modi e non oppose alcuna resistenza stringendo anche quel dito per succhiarlo lentamente, accarezzandolo con la linguetta come fosse un pene stretto tra le sue labbra tenere. La stavano ammirando godendosi le sue reazioni istintive e animali presi dal loro orgoglio di grandi amatori. Ma quella pausa nelle loro insistenti attenzioni le diede modo di riprendersi e quindi di prendere il controllo di quel divano che era divenuto il terreno di battaglia del sesso. Non ebbe nemmeno bisogno di spostare gli occhi, non gli concesse d’accorgersi del suo intento ma mosse solo le mani in direzioni opposte e un attimo dopo trovò i rigonfiamenti dei loro pantaloni. Era certa che almeno uno dei due fosse già umido, forse non aveva boxer sotto il costume carnevalesco. Esitò solo un attimo pensando se slacciare subito quegli stretti pantaloni oppure no ma non dovette attendere perché le sue attenzioni sortissero effetto. Fu il meticcio a muoversi per primo essendo dei due il più impaziente. Si era già accorta di come aveva iniziato a premersi sulla sua coscia sfregandosi insistente come un cagnetto in calore ma la sensazione che prima era solo vaga, persa tra quelle più forti che le venivano imposte dalle loro mani e bocche, divenne più netta perché lui stesso si sbottonò per far sfregare il sesso in perfetta erezione contro la liscia e calda pelle della sua gamba.

L’impazienza

Perché non mi prendono e basta pensò senza riuscire a capirli. Lei stessa desiderava essere scopata da loro, era impossibile che non se ne fossero accorti. Ma ormai aveva deciso di riprendere il controllo di quel divano e non gli concesse l’occasione. Spostò la mano in cerca del cazzo che il meticcio aveva appena snudato e che le sfregava addosso lasciandole umide vischiose macchie di sperma sulla coscia e lo afferrò con decisione spostando la gamba per lasciarsi spazio. Aveva ancora gli occhi chiusi quando scoprì semplicemente toccandolo che il pene del meticcio era circonciso e in quel momento per la sorpresa e la curiosità non poté resistere alla tentazione di dare una sbirciata all’asta che stava stringendo. Lo sentiva quasi ruvido sulla pelle, duro in un modo davvero strano e le riportò alla mente una sua avventura giovanile con il figlio di un anziano rabbino solo che il meticcio aveva un cazzo molto più scuro e massiccio e riusciva a malapena a stringerlo tutto nella mano. Una delle sue doti era una spiccata ambidestria e se ne accorse il Bianco quando le girò il viso pretendendo anche lui attenzioni. Il moro stava già gemendo muovendosi da solo per masturbarsi con la manina morbida di lei stretta intorno al pene circonciso e il suo compagno di giochi voleva forse altrettanto. Non fece in tempo ad aprire le labbra che la mano di lei scivolò dentro i pantaloni del costume. Era troppo facile aprirlo e stringergli con forza il cazzo da sopra i boxer costringendo alla frizione sul tessuto la cappella ipersensibile che aveva già esposto con quel semplice movimento della mano. Lo vide piegarsi, rallentare il suo impeto e un gemito uscire dalle labbra che sembravano pronte a dire qualcosa di sagace e strafottente. Oh era delizioso averli cosi entrambi, si sentiva potente, ubriaca nel donare piacere a quei ragazzi grandi e grossi che faceva uggiolare come cagnetti semplicemente masturbandoli. Girò il polso e scoprì anche il pene del Bianco ma lo torturò un po’ sbattendoci sopra l’elastico del boxer prima di farlo emergere tutto tirandolo letteralmente fuori dal pantalone e cosi costringendo il corpo massiccio del ragazzo a premersi sul suo. Lo tirò a se e poi quasi con violenza andò indietro scappellandolo al limite della tortura iniziando subito a muovere la mano per masturbarlo senza lasciargli respiro. Sentiva il loro ansimare sul viso. Il Bianco le era sopra, la fece sussultare quando si aggrappò al seno stringendoglielo fino a farle male come per scaricare il piacere della masturbazione sul corpo di lei ma non lasciò la presa regalandogli solo un caldo mugolio. Il meticcio continuava a spingersi dentro la sua mano e lei spostò l’indice per farselo bagnare dalle prime gocce di sperma lubrificando la sua pelle indurita dalla circoncisione per poterlo segare più facilmente. L’odore dei loro cazzi diventava sempre più forte. Erano puliti si, più di molti suoi clienti, ma erano eccitati ed era un afrore animale di sesso e di sudore che la mandava in visibilio. Una perversa acquolina le si formò in bocca al pensiero di poterlo sentire in gola quell’odore, il loro sapore e si rese conto che li voleva assaggiare più ancora di quanto desiderasse essere scopata. Spostò appena le mani piegando verso il basso quei peni svettanti sfregandone le cappelle sensibilissime sulle cosce la dove le balze delle autoreggenti le lasciavano nude. Voleva torturarli fino a farli implorare di dargli il piacere che loro prima le avevano negato. La sua bocca fu presa d’assalto. Il Bianco le afferrò i capelli e la maschera insieme per tirarle indietro il viso e baciarla con passione vorace mentre lei lo masturbava e quasi persero la loro coordinazione perché anche il meticcio la voleva allo stesso modo. Le affondò i denti nel collo scivolando lentamente in basso fino a addentarle il seno mentre il suo amico violentava le sue labbra ficcandoci dentro a forza la lingua a caccia di quella di lei per succhiarla. Stavano diventando impazienti, le piaceva sentirli cosi e nonostante tutto non riusciva a provare la benché minima paura che le potessero fare del male. Li voleva. Li voleva tutti e due. La morbida sensazione dello scroto sulla pelle della coscia la spinse ad esplorare le proprie curiosità. Le mani scivolarono in basso all’unisono sui loro cazzi e mentre il meticcio quasi la strappava dal bacio del Bianco pretendendo la sua bocca per se lei strinse i loro testicoli tra le dita. Giocava con quelle palle che era certa fossero piene da scoppiare ormai concedendosi al bacio dell’uno e poi dell’altro e subendo le loro ritorsioni che si fermavano sempre al seno arrossato e segnato dai morsi come se il turgore sfacciato dei suoi capezzoli anche dopo tante torture li facesse arrabbiare e affamare della sua carne. Riaprì gli occhi solo quando sentì un movimento la sotto, un’intrusione.

Quella voglia di comandare…

Il Bianco aveva ceduto per primo e si era afferrato il cazzo d’impulso iniziando a segarsi con la furia di un adolescente, sembrava già pronto a inondarla del suo succo. Il meticcio era troppo distratto nel palpare il suo corpo tormentandole i capezzoli con le dita ruvide ma si sfregava con l’insistenza sofferente di un cagnetto masturbandosi sulla sua coscia. Le sarebbe bastato aprire di nuovo le gambe, lasciarsi montare fino a farli esplodere ma non era ciò che voleva. Li abbandonò entrambi. Aprì le cosce solo per bagnarsi le dita offrendo un osceno spettacolo che i due ragazzi probabilmente non videro presi nei loro piacere. Ma non tornò a masturbarli ne giocare con le loro palle. Infilò le mani tra le gambe dei due illudendoli di volergli regalare canonici piacere e andò a sfregare le dita sull’inguine la dove solletica in modo quasi fastidioso. Trovare gli ani dei due ragazzi fu fin troppo facile. Le dita erano umide dei suoi stessi umori e con quelli li bagnò tutti e due, una peccaminosa dea Kalì si sentì mentre spingeva un dito contro quei buchetti cosi segreti e di certo ben poco abituati a quelle stimolazioni strappando loro dei gemiti cosi strozzati da farli sembrare volgari puttanelle omosessuali. Il potere divenne inebriante quanto e più del piacere stesso. Da bambola era diventata burattinaia e le bastò spingere appena un poco per farli inarcare e sollevare avvicinandosi al viso i loro cazzi frementi e bagnati come l’offerta di un docile schiavo alla sua perversa padrona. La cappella ruvida del meticcio fu la prima a cercare la sua bocca ma lo fece in modo maldestro. Si teneva con una mano la natica e non sapeva nemmeno lui se cercare di strappar via la mano della donna o implorarla di spingersi più dentro con quel dito perfido e con l’altra invece le afferrò i capelli per tirarsela sul cazzo e farglielo ingoiare finendo per sfregarlo sul viso riuscendo solo a bagnarla. A lei bastò spostarsi di un nulla per non dargli subito la strada che cercava. Le piaceva farselo sfregare in viso in quel modo, era una cosa cosi sporca. Ansimava respirandone l’odore, tirava fuori la linguetta con le labbra morbide spalancate lappando dove capitava mentre la cappella sgusciava sugli occhi chiusi, sul naso, imbrattandola. Abbassò appena il capo lasciandolo a sfregarsi sulla maschera, tra i suoi capelli, per prendere in bocca i suoi testicoli. Li succhiò uno alla volta, si riempì la bocca con quello scroto dalla rada peluria ricciuta e si spinse fino a leccargli l’inguine premendosi in faccia quelle palle bollenti. Il Bianco non rimase in attesa ma fu meno pretenzioso. Sollevato dal suo dito imperioso nemmeno lui cercò davvero di sottrarsi ma nemmeno andò a caccia della sua bocca e spinse invece la cappella umida contro il capezzolo già torturato. Con uno schiaffo le colpì l’altro seno e poi li strinse intorno alla propria asta costringendola a contorcersi per offrirgli spazio per la sua violenta spagnola. Ma lei non era una maggiorata e forse per questo smise subito divertendosi come l’amico a sporcarla sbattendole la cappella sul seno e poi anche lui sul viso come nella più volgare scena da film porno. Lei si staccò dalle palle del meticcio lasciandogli un’ultima leccata per voltarsi verso il suo amico. A lui non diede alcun respiro ma subito cercò la cappella e la ingoiò tutta. Coprì i denti con le labbra come si fa da bambini per imitare i vecchi con dentiera e tenne la bocca stretta per farlo entrare in modo quasi doloroso, per fargli sentire ogni centimetro di quel caldo affondo nella sua gola. E non si fermò, non si fermò quando lo sentì contro il palato, non si fermo quando si senti soffocare e il pancino si contrasse per i conati di vomito al tocco della cappella in fondo alla gola, non si fermò finché non lo ebbe tutto in bocca premendo il naso contro il ventre di lui. In quell’esatto istante spinse le dita nei loro ani. Le mosse insieme mentre lasciava quel cazzo enorme nella sua gola a fremere e spillare sperma preorgasmico che le usciva dal naso insieme alla saliva per come ne era riempita e soffocata.

…o di subire

Ormai erano diventati entrambi pretenziosi, ansiosi di godere e si sentì subito premere contro il viso anche il cazzo del meticcio. Volevano giocare tutti e due i suoi cuccioli in calore e lentamente fece uscire il pene bianco dalla sua gola fermandosi a popparne la cappella stuzzicandone crudelmente il filetto e con la lingua lambendola tutta intorno alla cresta di carne turgida la dove è più sensibile, la dove l’odore e il sapore sono sempre più forti. Poi dovette proprio voltarsi perché il pene meticcio pretendeva attenzione e le si stava letteralmente ficcando in bocca a forza guidato dalla grossa mano del moro. Se la stavano contendendo adesso, aveva spezzato il loro patto tentandoli e eccitandoli e questo la inebriò a tal punto da eccitarla sessualmente. Prese in bocca anche l’altro. Si soffermò con la linguetta impertinente sul minuscolo buchino dell’uretra chiedendosi se per un cazzo circonciso fosse insopportabile come per uno normale. Che domande assurde. Lo leccò tutto e poi se lo spinse in gola, anche quello fino in fondo fino a lacrimare fino a farsi male alla mandibola perché era cosi largo al centro da costringerla ad aprire la bocca ancora di più. La mano ruvida le afferrò di nuovo i capelli corvini come delle redini per spingersela contro il pene mentre dava un robusto colpo di reni per affondarle dentro al tempo stesso. Sentì dolore quando le si spinse cosi tanto in gola e quando uscì le venne da tossire rigurgitando saliva e sperma in modo disgustoso. O forse non era disgustoso e loro la trovarono ancora più eccitante vedendola cosi sporca, sottomessa ai loro peni come se fossero il suo cibo preferito, tutti e tre si cullavano nell’idea di essere i padroni gli uni dell’altra e viceversa ma nessuno sapeva davvero chi stava usando chi tra loro. E non aveva importanza. Li sentiva ansimare come tori in calore, sentiva le loro contrazioni intorno al dito che gli aveva spinto nell’ano e il tremore dei loro cazzi che diventavano sempre più tesi e violacei nelle cappelle per la violenza dell’erezione che stavano avendo entrambi al limite del doloroso. Le si alternarono in bocca cacciandosi l’un l’altro da quel nido caldo e lei li lasciò fare tenendo semplicemente le labbra spalancate e la linguetta di fuori come una bimba dal dottore pronta ad ingoiare qualsiasi cosa le ficcassero in gola, docile e peccaminosa bambola per i loro desideri. Al tempo stesso però li guidava e li costringeva muovendo dentro di loro quelle dita crudelmente esperte cercando la loro prostata per un massaggio non certo facile vista la posizione ma proprio per questo ancora più piacevole anche per lei. Provava un malsano orgoglio nel mostrare le proprie abilità a quei due sconosciuti, nel farli uggiolare come cagnetti. Le mettevano fame insieme a un perverso calore nel ventre che le faceva colare continuamente umori dal sesso esposto. Veniva tirata per i capelli su quei peni turgidi, strappata e girata a forza per essere di nuovo riempita mentre l’altro insisteva contro il suo viso o il seno sfregandosi senza pace in cerca di piacere sporcandola con quel seme sempre più vischioso e bianco in attesa dell’orgasmo vero e proprio. Poi arrivò il momento che si aspettava quando tutti e due cercarono di entrarle in bocca nello stesso istante. Era troppo invitante con le labbra spalancate, la linguetta ansimante imbiancata di sperma e saliva come una cagna assetata, non poterono resistere. Non ci fu un gesto d’intesa come si erano scambiati prima occupandosi insieme di lei fu un affondo dettato dal caso, dal bisogno impellente e insopportabile di godere di quella bocca lussuriosa. I loro peni si premettero uno sull’altro mentre cercavano di forzare quelle labbra ad aprirsi ancora di più per fargli spazio. Rabbiosamente si tenevano i cazzi con mani nervose per spingerli dentro afferrandole i capelli come redini costringendola a ingoiarli lacrimando e tossendo anche dal naso saliva e sperma in eccesso. Per un attimo pensò di dover togliere le mani dai loro sederi per cercare di fermarli, le stavano facendo male e non solo perché la soffocavano ma erano davvero troppo troppo grandi tutti e due insieme e per quanto sembrasse assurdo preoccuparsi per loro temeva che avrebbe finito per morderli se avesse avuto uno spasmo alla mandibola e la serata sarebbe finita molto molto male per tutti. IL fiume in piena dell’orgasmo del meticcio arrivò proprio allora. Le riempì la bocca, la gola, le uscì dal nasino mentre ansimava in cerca d’aria soffocandola in modo improvviso e brutale e finì per sprizzarle fuori dalla bocca spalancata colandole sul mento e sul collo fino a infilarsi tra i seni esposti dal bustino. Il Bianco si ritrasse subito forse schifato da quella sensazione e lasciò campo libero all’amico che le spinse completamente in gola la sua asta pulsante senza alcuna pietà. Pensava solo al proprio piacere ansimando e gemendo come impazzito e le salì quasi sopra schiacciandole la testa contro lo schienale del divano mentre le conficcava in fondo al palato la cappella ruvida scaricandole nello stomaco tutto il suo piacere. Con quelle cosce irsute che le circondavano la testa le riusciva difficile anche sentire i versi del moro ma fu sicura di averlo sentito urlare parole incomprensibili per lei, forse in arabo o chissà quale altra lingua, ma ugualmente ne capì il significato perché l’amico dalla pelle bianca gliele tradusse involontariamente. “Si è proprio una troia, gonfiale la testa di sborra si…faglielo succhiare in gola cazzo…cazzo sto per…”. Quando era eccitata cosi tanto parole che l’avrebbero fatta inviperire normalmente le sembravano deliziose, eccitanti. Se mi chiami troia non mi dispiace affatto, continua, continua, questo pensava lasciandosi riempire la gola e nemmeno la sensazione di soffocamento le faceva paura. Ingoiava un sorso dopo l’altro con quel cazzo cosi conficcato dentro la bocca da non sentire nemmeno il sapore dello sperma sulla lingua perché le scendeva direttamente in gola. Si rese conto di avere ancora il dito spinto nell’ano del meticcio solo quando gli schizzi iniziarono a rallentare e lui sembrò ritrarsi. In quel momento affondò di nuovo girando il ditino maledetto per infliggergli nuovi spasmi e una scarica di piacere che lo fece schizzare ancora con forza mentre si inarcava tutto. Le imbiancò il viso completamente lordando la maschera carnevalesca sporcandola in modo davvero osceno e lasciandola con la bocca lascivamente spalancata che colava lentamente quel succo lattiginoso non riuscendo lei a chiuderla dopo un assalto cosi violento. Tossì mentre ancora veniva decorata dagli ultimi schizzi del meticcio senza nemmeno badarci. Saliva mista a sperma le usciva dal nasino bruciandole da morire ma non le lasciò tempo di riprendere fiato il bianco che pretese lo stesso trattamento del suo amico pochi attimi dopo. Le afferrò di nuovo i capelli sollevandole il viso mostrandole davanti agli occhi la mano con cui si masturbava furiosamente come un attore porno pronto per il nuovo orgasmo da riprendere in diretta. Stavolta però nonostante tutto era più preparata e fu lei a farlo venire di colpo affondando il ditino nel suo stretto sedere da uomo con perfida maestria. Per un attimo la mano del ragazzone si fermò presa da un tremore che lo fece irrigidire tutto poi si diede altri due colpetti coprendosi e poi scappellandosi del tutto prima di esplodere. Non fece nemmeno in tempo a spingerlesi in bocca ma fu lei stessa dopo i primi potenti schizzi a ingoiare quella cappella tumefatta. Questa volta poté sentire il sapore salato e caldo sulla lingua, si fece riempire la bocca poppando la cappella premendo le labbra e la linguetta intorno al filetto nel punto più sensibile prolungando l’orgasmo dell’uomo fino a farlo diventare insopportabile stimolandolo e toccandolo anche quando gli schizzi iniziarono a rallentare scemando di intensità. Lo sentì quasi piagnucolare e questo la eccitò a tal punto che inarcando la schiena iniziò a sfregarsi sul divano con le cosce spalancate. Mai e poi mai avrebbe pensato di poter venire in quel modo, nemmeno in un film porno o in uno di quei assurdi cartoni porno giapponesi aveva mai visto una donna venire semplicemente sfregando la fica su uno stupido divano ma fu esattamente quello che successe a lei. Forse perché era un po’ ruvido, forse per il suo carnoso clitoride terribilmente esposto e turgido che sfregò sul tessuto, forse era semplicemente cosi eccitata che le sarebbe bastato un tocco, uno qualsiasi. Spalancò di nuovo la bocca quando toccò di colpo l’apice del piacere. Si staccò dal cazzo che aveva testardamente succhiato e torturato fino a quel momento e inarcandosi tutta finì di nuovo contro lo schienale del divano. Ancora…un…pò…pensò contorcendosi per sfregarsi ancora senza neppure rendersi conto di avere la bocca spalancata piena ancora di quello sperma bollente come per mettere in mostra quanto ne avesse fatto il Bianco. Le colava dalle labbra senza che lo ingoiasse presa dall’apnea del piacere che la faceva sussultare sul divano come un’odalisca nella danza del ventre. Quel divano avrebbero dovuto buttarlo pensò in un lampo di folle consapevolezza.

La calma dopo la tempesta

Quando emerse dal languore del piacere riaprì lentamente gli occhi. I due ragazzi le erano ancora accanto, sul divano. Non era certa di quanto tempo fosse passato ma voltando il viso verso il meticcio lo scoprì a dormire scompostamente seduto in quello spazio ristretto. Il bianco era ancora sveglio invece ed anche lui aveva gli occhi aperti e la stava fissando. “Vorrei vederti senza maschera”, le disse con voce sussurrata. Non rispose subito perché la bocca le doleva un po’ ed era ancora impastata dal loro piacere. Ingoiò senza vergogna ne schifo la dove spesso sputava lo sperma dei suoi clienti per il solo disgusto che provava verso quella gente. Era cosi strano che le piacessero quei due e ancor più assurdo che non sentisse l’impellente bisogno di alzarsi e andar via per lavarsi di dosso il loro sporco, il loro odore. Beh, tecnicamente da qua non te ne puoi andare stupida, si disse mentalmente ma non era per quello che stava ancora seduta sul divanetto imbrattato insieme a quei due. “Non posso toglierla, lo sapete”, gli rispose anche lei sussurrando senza sfuggire allo sguardo del ragazzo. “E poi devo avere un aspetto terribile, sono tutta sporca”, aggiunse sorridendo divertita e maliziosa al tempo stesso. Lui piegò appena le labbra in una mezza smorfia. ”Lo sapevo che avresti detto di no”, ma continuò a fissarla senza spostarsi. “Ma prima o poi ci riuscirò…” aggiunse subito dopo. Entrambi sapevano che questo avrebbe potuto essere il loro unico incontro, era quasi certo che non si sarebbero riconosciuti in condizioni normali anche se il destino avesse deciso di farli incontrare fuori da quella Villa ma nessuno dei due lo disse a voce alta. Restarono invece in silenzio mentre l’aria si riempiva di domande non fatte finché lei non decise di alzarsi. Non era previsto che dei clienti, o quel che erano, le potessero piacere cosi tanto. Non voleva che le piacessero non doveva andare cosi. Era una sua regola per quanto assurda potesse sembrare, se l’era imposta ripetendosela all’infinito e finora aveva funzionato. Finora. “E’ meglio che io vada a cambiarmi qualcosa…”, disse andando verso la porta ma sulla soglia si fermò voltandosi. Voleva lasciarli senza guardarsi indietro ma non ce la fece, desiderava essere ricordata da loro, desiderata da loro…cercata… “E’ stato bello”, gli disse portandosi alle labbra il dito che aveva spinto proprio tra le natiche del ragazzone bianco che ora la fissava con un misto di confusione e bramosia. Succhiò voluttuosamente quel ditino che aveva spinto nel suo ano provando un perverso piacere nell’assaporarlo e nel godersi l’espressione di eccitato stupore che si dipinse sul volto del ragazzo. Poi aprì la porta di quello studio dove nessuno sarebbe dovuto entrare e lasciò la stanza.

Racconto di Dalia cod 226. Divertiti con lei a commentare questo finale del suo eccitante racconto